BABY KEITA CONTRO DEPRESSIONE HERNANES
FRANCO MELLI- Keita e Candreva sfondano subito dall’out al centro per il presidente Lotito, mentre Puggioni si inchina sul sinistro-sì del capocannoniere biancoceleste, che prima scherza Dainelli andando sull’assist con l’altro piede. Per questo approccio una quota non da poco di fede ci invade, salvo ammettere l’improvviso smarrimento come tutti quei sudditi di Formello quasi certi che il Chievo avrebbe spazzato via gli ultimi brandelli di una passione irragionevole.
Addio controversie viscerali, giammai saldate dentro un accordo tifosi-dirigenza? Una squadra tuttofare organizzata per asfaltare addirittura l’opposizione-Corini lo vorrebbe, senza comunque illudersi troppo sulla fine delle ostilità e sulle aumentate chance di cancellare la contestazione verso l’“uomo solo al comando” prevista prima della notturna di domenica 23 febbraio. Pare urticante da dieci anni, tranne qualche tregua, la sua politica della lesina culminata nell’assurdo mercato di riparazione fatto apposta per indebolire l’organico di Formello. Ci si sente in buona sostanza prigionieri di un tiranno in un mondo dove chiunque potrebbe sognare qualsiasi carica, tranne fare il re di Spagna o il successore di don Claudio ai vertici del sodalizio biancoceleste.
Tutto abbastanza verosimile al di là del bene e del male; e tuttavia ieri gli snodi veronesi proponevano una realtà completamente capovolta rispetto alla conduzione-Petkovic: tanto mutuo soccorso, nessuna manifestazione d’egoismo, un gioco fluido, una difesa ben protetta dalla doppia regia Ledesma-Biglia e dai ritorni di chiunque. Scintilla quanto basta per ammattire, dubitando dell’impegno totale di Klose e degli altri durante le disavventure del girone ascendente. E’ una sinfonia che lascia in buona sostanza una sola occasione al solitario Paloschi, proponendo via via una girandola di sprechi rappresentata da una cinquina di possibili eversori, fino ad assegnare il raddoppio al baby più meritevole, un po’ Hamrin e un po’ Giordano. O addirittura capace di rammentare Bettega e Palacio, con quel tacco artistico rintuzzato dal portiere clivense sulla solita accelerazione-Candreva. Che entra in ogni azione di sfondamento, cedendo tuttavia a Ledesma l’onore di servire al fantasista senegalese la ghiottoneria del raddoppio, complice una deviazione di Canini. Chapeau.
perso il Profeta e riassimilato Stefano Mauri per una seconda vita nel pallone, ecco sugli scudi il mattatore proveniente dalla cantera del Barcellona, costato 300mila euro. La Lazio ha ancora qualche santo in paradiso. CORRIEREDELLOSPORT