COSA NE PENSA UN VECCHIO ULTRAS

ROCCO ILARIA- Per sabato sera, Lazio - Fiorentina, è stato indetto uno sciopero del tifo.Tale manifestazione di dissenso e di dolore (perchè di questo si tratta) è stata decisa dalla tifoseria laziale attiva (cioè da quella che si "sbatte" in casa e in trasferta esclusivamente per passione biancoceleste) al fine unico di sensibilizzare l'opinione pubblica e quella politica, in merito alla ormai insopportabile gestione della Società Sportiva Lazio da parte del Sig. Claudio Lotito.

Messa in tali termini, credo sia legittimo considerare tale presa di posizione, di enorme sacrificio per chi è abituato da decine di anni a far delle partita della propria Lazio un vero e proprio rito di vita, un'ottima idea, quantomeno per cercar di smuovere le stagnanti e torbide acque nelle quali è stata infognata la nostra amata "seconda mamma".
Ho sempre ragionato in una certa ottica, soprattuto quando avevo potere decisionale all'interno della tifoseria laziale: le battaglie devono si affrontarsi, ma devono, al contempo, condurre alla vittoria della guerra. Ma per raggiungerla, questa vittoria, bisogna cercare di non fare passi falsi, bisogna cercare di pianificare una strategìa ed una tattica che portino consensi e visibilità tali, da non poter essere inficiati dal "nemico".
In questa ottica, credo che questo sciopero abbia, purtroppo, delle evidenti controindicazioni.
La prima.
La Lazio, in questo momento, si sta giocando la permanenza in A, dunque il proprio futuro.
Porgere il fianco al "nemico", consentendogli di poter delegittimare una fetta di tifoseria additandola come non tifosa, come lontana dal sostenere la Lazio nel momento del bisogno, come prezzolata per chissà quali reconditi fini, è l'errore più grande che si possa fare.
Lo sappiamo bene: se la Lazio vincerà, il "nemico" osserverà che "di questi tifosi se ne può fare a meno"; se la Lazio non vincerà, la responsabilità verrà imputata (e te pareva) agli stessi tifosi che hanno disertato senza stare accanto alla squadra. In ogni caso, perciò, le "colpe" saranno di chi avrà disertato. Bel trappolone.
La seconda.
L'attuale Presidente della S.S. Lazio è stato "spinto" in pista da manovre politiche che nulla hanno a che fare con la passione sportiva. Da quel momento, il medesimo ha operato per l'accaparramento della maggioranza quanto più ampia del proprio potere societario. Allo stato, nessuno può costringerlo a vendere o a cercare di vendere quanto di sua proprietà (orribile espressione, ma tant'è). Solo chi lo ha "spinto" in questa avventura può in qualche modo "rispingerlo" fuori dall'avventura. Sappiamo bene che in tutti i campi (economico, politico, sociale, religioso, ecc.) il potere che ti impone è lo stesso potere che ti depone.
Pensare che una seppur ampia manifestazione di dissenso possa cambiare le carte in tavola, è esercizio di pia illusione. L'opinione pubblica e quella politica BEN CONOSCONO LA SITUAZIONE. Non hanno bisogno di misurare l'altissimo grado di impopolarità che questo Presidente gode presso la sua tifoseria e, ora, pare, anche presso le istituzioni federali. Dunque, se davvero lo vorranno, sapranno come muoversi con i propri canali per creare una nuova situazione in capo alla più antica società sportiva della capitale. Non ci sarà certo bisogno di una ulteriore, ennesima dimostrazione di dissenso per capire quanto poco gradita sia questa disastrosa gestione sportiva agli occhi della tifoseria laziale (d'altronde basterebbe assistere ad una sola partita della Lazio per misurare l'ostilità della tifoseria nei confronti dell'attuale dirigenza).
La terza.
Quando si decide di fare qualcosa per dimostrare e portare a casa il risultato, bisogna necessariamente pensare al coinvolgimento, ai modi e ai tempi di effettuazione.
In questo momento, parte della tifoseria laziale, per ragioni di contrapposizione preconcetta alla Curva, per ragioni di cuore (paura della B) o per ragioni di semplice scelta razionale, non aderirà a questo sciopero. Tolti i primi (sempre di meno), bisogna confrontarsi con gli altri. Coinvolgerli in un altro momento del campionato (magari a salvezza raggiunta per una partita di fine stagione) vorrebbe dire averli portati dalla propria parte, perchè la maggior parte di loro è ideologicamente d'accordo con la protesta. Allora si, che senza ambasce da retrocessione e senza ricatti morali del "nemico", la vittoria diverrebbe schiacciante e totale.
Ora come ora, secondo me, si affronta il concreto rischio di dividere inutilmente la tifoseria, di venir additati come responsabili del risultato di sabato (già mi par di sentire le assurde accuse di non lazialità verso i "dissidenti" del tifo), di non ottenere un bel nulla dal punta di vista essenzialmente pratico.
Tutto questo sarebbe intelligentemente da rimandare, per evitare di servire al "nemico" la vittoria su di un piatto d'argento.
Nell'attesa di esprimere un non voto che apra davvero seri dibattiti sull'attuale critica situazione del presente e del futuro laziale.
Ma questo è e rimane solo il mio pensiero.
Il pensiero di un "vecchio" ultras.
PARTE SECONDA
A corollario di quanto espresso nel precedente articolo, ove, in estrema sintesi, mi ritenevo assolutamente d'accordo con l'iniziativa della tifoseria laziale, seppur non condividendone la scelta "temporale" (solo e soltanto per una questione di opportunità strategica) è successo qualcosa che ha, a mio modesto parere, cambiato le carte in tavola e stravolto ogni tentativo di eventuale mediazione tra tifosi, in un momento così delicato per i destini calcistici (e sportivi) della nostra amata Lazio.
Ero indeciso sul cosa fare: da una parte il non voler "tradire" i miei fratelli laziali in questo vero e proprio sacrificio d'esser costretti, dalla esasperazione di vedersi "guidati" da un presidente arrogante e assolutista (nonchè fortemente ostile), a disertare la propria "casa" per una partita e, contemporaneamente, il desiderio di aderire allo sciopero perchè inevitabile e giusto; dall'altra, l'amore viscerale per la bandiera che sussurrava al mio cuore di non "tradirla" in un momento così difficile.
Pur orientato per l'adesione allo sciopero, con le ultime novità di giornata, la mia scelta è divenuta definitiva.
Cosa è successo di nuovo? E' successo che quando è in atto uno scontro tra due parti, una battaglia tra due fazioni, è buona regola affrontare questa "competizione" senza sporcare le regole della contrapposizione.
Ognuno, nel sostenere le proprie ragioni, dovrebbe attenersi alle "armi" di cui è dotato, senza sconfinare in "furbizie" tattico-strategiche idonee a tentar di vincer la contesa.
Avevo scritto, giorni fa, come questa decisione di scioperare avrebbe potuto avere delle pericolose controindicazioni, potenzialmente sfruttabili dal "nemico".
Bene. Con gli ultimi eventi, il potenziale boomerang si è rigirato; e ora sta prendendo la via del gestore.
Questo perchè lo stesso, invece di andare a scoprire serenamente le carte sabato sera (cioè a verificare quanto popolo laziale fosse dalla sua parte e quanto no) ha "furbescamente" (io direi, piuttosto, penosamente) invitato "aggratise" scuole calcio, militari e rispettive famiglie, per riempire quelli che, presumibilmente, saranno gli ampi spazi vuoti presentati dallo stadio Olimpico.
La prima osservazione è che tali avvolgenti iniziative non erano mai state messe in pratica precedentemente, in occasione di partite importanti della Lazio, privilegiando sempre l'incasso alla partecipazione.
Strano; tutto ciò, invece, succede ora, alla vigilia di una "battaglia" di opinione.
Seconda osservazione: sappiamo tutti, quanti laziali di fede ci siano in questi contesti, "raccattati" per coprire gli spazi vuoti dello stadio: al massimo il 20%, ricordando quanti bambini romanisti (e relativi familiari) facciano parte della scuola calcio Lazio (lo so per esperienza diretta familiare) e come di fedi juventine, milaniste e interiste siano, giustamente, piene le nostre caserme.
Tradotto in  termini concreti: sabato sera l'attuale presidente della Lazio sarà riuscito nell'intento di svuotare il nostro stadio dai laziali per consegnarlo ad altri tifosi.
Un record assoluto, l'ennesimo di questa infelice gestione.
Da sfidante a sfidante: un colpo basso e "fuori dalle regole" (quelle non scritte), nell'ambito di una contesa che avrebbe dovuto misurare, senza sotterfugi, l'effettiva "forza" dei contendenti.
Invece, quest'ultima mossa porterà solo una vittoria, schiacciante.
Quella di chi ha l'aquila nel cuore e vuole liberarla dall' "invasore".
Per questo, con la morte nel cuore, questo "vecchio" ultras sarà costretto (per la 4^ volta in 37 anni di stadio) a tifare da lontano; sperando che, ancora una volta, lo Stellone laziale ci porti, comunque, alla vittoria.
 

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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