IL PUNTO BIANCOBLU

ROCCO ILARIA -VINCITORI E VINTI- Accendiamo un cero a San Big Mac da Siena.Certo, a furia d'accendere ceri a destra e a manca, speriamo di non finire bruciati all'Inferno!Ma facciamo una passo indietro e torniamo al "sabato del supplizio", tralasciando i Rizzoli (che poi sono fratelli dei Trefoloni e dei Tagliavento...) e le spettacolari partite giocate da nostre attuali rivali per la retrocessione (Catania, Bologna e Udinese).Dicevamo di sabato.Sabato, in casa Lazio, si sono ben stagliate all'orizzonte, in maniera netta ed inequivocabile, 2 categorie di attori: i vincitori e i vinti.
I VINCITORI.

Tutti i tifosi laziali che, violentandosi oltre ogni misura umana, hanno "dovuto" rinunciare a seguire la propria Lazio.
In mezzo secolo di vita e 37 di stadio, mai m'era capitato di dover lasciare la mia Lazio senza il mio apporto (vocale e psicologico).
Ho sofferto come un cane a starmene "forzato" davanti alla tv, così come tanti miei fratelli di stadio e di passione: ci è sembrato un lungo assurdo incubo.
Ma la prova è stata maiuscola.
Per la prima volta in Italia (se non nel mondo) un dissenso totale si è trasformato in una protesta così compatta e visibile da poter, senza dubbio, affermare d'aver raggiunto il proprio scopo essenziale: il bene supremo della S.S. Lazio 1900.
Non me la sento di avercela con gli altri fratelli (7.000 circa) che sono andati allo stadio; sono certo che lo avranno fatto (tranne le "solite" eccezioni) con amore e che, forse, in un altro momento storico, avrebbero aderito anche loro a questa civilissima contestazione.
Le malelingue già impazzavano prevedendo fantomatici picchetti che, al contrario, non ci sono stati. Ma era ovvio e scontato.
Di questa protesta e della sua riuscita, ne hanno parlato davvero ovunque.
Un uomo ormai solo contro un'intero popolo che non lo vuole più al comando della propria nave.
Di ciò, ormai, il soggetto in questione dovrà prender nota, farsene una ragione e dichiarare, quanto prima, la propria resa.
Vox populi, voce di Dio.
I VINTI.
I giocatori della Lazio.
Questi presunti divi della pelota, ormai, sono nudi. Non hanno più, dalla loro, neanche mezzo alibi.
Lotito ormai è indifendibile, dunque la sua figura trascende dall'odierna situazione.
Ballardini è stato (anche se in colpevole ritardo) allontanato.
Reja, poverino, è qui da una ventina di giorni.
Gli unici veri responsabili di questo schifo che ci viene proposto ad ogni partita (tranne Parma) sono quegli undici in casacca biancoceleste.
Questi calciatori non hanno più nessuna scusante, neanche mezza, a fronte di quello che (non) stanno dimostrando in campo: atleti fiacchi, senza agonismo nè cattiveria, preda di angosce e paure, inabili a portare avanti tre passaggi consecutivi, penosi nel riuscire a non battere una squadra dimezzata, stanca e senza motivazioni come la viola di sabato; al cospetto di una classifica indecente e vergognosa dove loro stessi (con i propri complici) hanno contribuito a portare la gloriosa bandiera laziale.
Questi "eroi" della pedata non hanno capito cosa sta succedendo: forse in troppi pensano già al loro futuro lontani da qui; non accorgendosi dell'immane pericolo che stanno correndo nell'esasperare una tifoseria calda e appassionata come quella laziale.
Non lo capiscono o continuano a far finta di non capirlo.
Qui c'è il sentimento violato e tradito di almeno un milione di persone; qui c'è un intero popolo sportivo che forma, da più di un secolo, una vastissima comunità della Capitale e della Regione, ovvero un movimento a rilevanza sociale e di costume di assoluta importanza civile.
Qui c'è un'antica storia da preservare, un ideale da non tradire, una maglia da onorare.
Questi, non lo capiscono.
Spero che presto se ne rendano conto, prima che diventi troppo tardi.
Per noi.  E per loro. 

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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