MIRO KLOSE NELLA STORIA DELLA LAZIO

Cinque gol per tornare nelle sue gambe e puntare all’ultimo tabù, la Coppa Italia. Perché Miro Klose ha fatto vittime ovunque, caterve di gol ai Mondiali e in Europa, ha vinto derby e lasciato l’impronta su ogni maglia indossata. Alla seconda stagione romana ha già battuto se stesso, tre reti in più dell’anno scorso con lo stesso numero di partite. Ma ancora gli manca di riempire l’unica casella rimasta vuota nella sua carriera lunga e piena di allori: sbloccarsi in Coppa Italia. Finora ci ha giocato poco, solo tre presenze, forse per questo la voce è ancora in bianco. Ma il 26 maggio l’occasione è d’oro, prima di diventare (a giugno) ufficialmente la bandiera della Lazio con la ratifica del rinnovo «ad libitum». Con un gol si possono centrare almeno tre obiettivi: c’è quello statistico personale, c’è il trofeo (accesso all’Europa League incluso) e c’è un altro derby da mettere in bacheca. Del resto non è fantascienza pensare a Klose decisivo contro la Roma: in tre derby su quattro è già stato determinante, solo nell’ultimo Miro si è visto poco e male. Ma non era ancora lui. Ora ci siamo quasi. Klose aspettava il Bologna per testare le gambe, per capire se potevano essere di nuovo veloci come la sua testa. E i cinque gol son stati la risposta che attendeva. Anzi, che attendevano un po’ tutti. I tifosi, la squadra, la stampa tedesca per la quale è un «Mito» e la famiglia che ha assistito alla partita dalla tribuna: la moglie Sylwia, i gemellini Luan e Noah, nomi impressi sugli scarpini e sul polpaccio di Miro. Finita la gara i suoi lo hanno festeggiato a dovere ma con sobrietà, in perfetto stile Klose. Stavolta niente tradizionale gita del lunedì a Monaco, domani sera c’è l’Inter e un altro gradino da scalare verso la condizione ottimale per far male alla Roma. Di nuovo. CORRIEREDELLASERA 

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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