LOTITO VIVE SEMPRE SOTTO SCORTA

Vive sotto scorta. Non è una novità, perché già da qualche anno è necessaria per proteggerlo. La scorta è stata confermata. Succede ogni sei mesi e non ci sono stati dubbi. Questa è la notizia: è tornata la massima allerta su Lotito e intorno alla Lazio. Le minacce di morte, i numeri dei telefoni del presidente (e del diesse Igli Tare) pubblicati su Facebook, la contestazione montata e riesplosa ai livelli di guardia venti giorni fa per la cessione di Hernanes all’Inter hanno fatto scattare le misure di sicurezza. Lo hanno fatto sapere dalla Prefettura: c’è un’oggettiva situazione di rischio per Lotito e sono in corso gli accertamenti, scattati dopo una serie quasi interminabile di telefonate ricevute nei primi tre o quattro giorni di febbraio, una anche quando il presidente della Lazio era appena entrato negli uffici della Lega a Milano e stava parlando, registrato da microfoni e televisioni, con i giornalisti.

Perché il malumore della Curva Nord è accertato, così come Lotito deve fare i conti e prendere atto dell’insofferenza di una larga parte del popolo biancoceleste, stanco di vivacchiare nel limbo. In dieci anni due Coppe Italia e una Supercoppa, ma solo un terzo posto e una qualificazione Champions in campionato. Questo dicono i risultati.
 

Tutti chiedono al presidente il salto di qualità, perché l’epoca del risanamento è conclusa. E’ normale, ogni tifoso ha bisogno di sognare, di emozionarsi, di affezionarsi ai suoi campioni preferiti. Ma un conto è criticare e contestare, un altro è passare alle intimidazioni fisiche o verbali. Neppure è normale che il presidente di una squadra di calcio debba vivere sotto scorta nella sua città. Lotito, si è appreso da fonti giudiziarie, ha presentato una querela a Piazzale Clodio relativa alle minacce ricevute venti giorni fa. E il fascicolo è finito sul tavolo di Michele Prestipino, 55 anni, procuratore aggiunto della Procura di Roma. E’ arrivato nello scorso settembre dalla Dia di Reggio Calabria e in precedenza aveva lavorato a Palermo: conduceva inchieste su mafia e n’drangheta.

 Niente a che vedere con la Lazio, ma segnali e dettagli aiutano a comprendere il contesto e gli scenari. Le istituzioni vigilano, questo è sicuro, così come sono in tanti a non gradire il modo di condurre la società di Lotito, che altre volte in passato si era dovuto difendere non solo dalle critiche. E allora bisogna discernere, verificare, classificare per bene ogni situazione. Perché, nel mezzo della contestazione, si potrebbe anche insinuare o nascondere chi vorrebbe sfruttare l’onda emotiva per provare a sfilare il controllo della società a Lotito. E’ solo un’ipotesi, perché in passato è successo. E ogni volta potenziali acquirenti si sono rivelati dei flop. D’altra parte, come la storia insegna, chi possiede certe credenziali si presenterebbe in un altro modo. E senza il rumore dei nemici. CORRIEREDELLOSPORT

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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