OSSESSIONE SCUDETTO

L'incipit del libro, per chi non si interessa di sport è quasi blasfemo: "Dolce e chiara e la notte e senza vento e quieta sopra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna". L'autore si chiede cosa avesse vinto il Recanati quando Giacomo Leopardi compose questi versi. Subito dopo la cronaca, indelebile nei ricordi, del 14 maggio 2000, quando la Lazio vinse il suo secondo scudetto e l'arbitro fischiò la fine della partita e appunto di quella che era diventata per il protagonista del libro un'ossessione.

La storia inizia raccontando subito la fine per poi spiegare dove sono le radici della fedeltà del protagonista ai colori della Lazio. A Roma l'appartenenza a una delle due squadre della città segna speso un solco, non necessariamente violento come spesso accade ed è accaduto. Cutrì ci ricorda che: "i nostri avversari sono quelli con cui la sera ti ritroverai a casa, con cui cenerai insieme e sui quali potrai infierire o da cui dovrai subire". E conclude: "che poesia".

Il sogno di uno scudetto che sembrava irrealizzabile, dopo anni di mediocrità, che non avevano mai fatto abbandonare la speranza di un riscatto non solo calcistico porta in primo piano i visi delle persone care, le strade della città, i viaggi in trasferta per seguire la squadra. I ritorni da questi viaggi, carichi di stanchezza, delusione o di gioia  a seconda della vittoria e della sconfitta o del pareggio che a volte è solo un rimandare il sogno, rinnovarlo, a volte è una non sconfitta non spendibile sul mercato della speranza.

La narrazione è forte anche di odori e sapori. La finale di Coppa, occasione di un chiarimento tra marito e moglie,  con la pasta alle vongole sul tavolo e il televisore che manda le immagini della partita. La testa che va in confusione nel tentativo di seguire entrambi, di non tradire né un amore né l'altro. E ancora il tifoso fiorentino, enorme sugli spalti dello stadio di Firenze, una presenza ingombrante che schiaccia  proprio fisicamente e soffoca come gli avversari sul campo le iniziative della Lazio, una buona squadra quella, forse la migliore di sempre. Quella che portava la luce dopo gli anni bui e in lontananza lo scudetto del 1974 che stava a ricordare che ogni tanto il miracolo può accadere, uno scudetto mitizzato, in una città che con la Lazio e con la Roma non ha mai dato frequenti soddisfazioni ai suoi sostenitori.

Gianluca Cutrì ci parla della sua irragionevole  ossessione che è infine una situazione assai comune. Chi non ne ha una da coltivare nei paesaggi della propria mente? Un'assurda e inutile idea che ti fa compagnia, ti aiuta a superare, contro ogni indicazione  reale, le frustrazioni quotidiane.
Le immagini  degli eroi sui quali proiettiamo il nostro desiderio di rivalsa in un mondo mai come oggi avaro si fermano sospese nel tempo. Dice lo stesso autore: "Ogni attimo era come scolpito, ogni secondo era parte di una linea  il cui solco sarebbe rimasto largo e profondo a ricordarci il giorno che lo aveva scavato. Ogni azione, ogni contrasto, ogni tiro, sarebbero rimasti lì per sempre". REPUBBLICA
 

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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