PETRELLI PARLA DI LAZIO-IPSWICH

Petrelli parla a Vincenzo Cerracchio(Laziopolis) di Lazio-Ipswich, famosa partita di 40 anni fa,
Sergio, ce la fa a tornare indietro di quarant’anni?
“Qualche flash mi è rimasto. Per esempio le lacrime negli spogliatoi. Ma per i fumogeni, mica per le botte. Intorno c’era il finimondo”.
Cazzotti volanti?
“E anche calci, il loro portiere (Best, ndr) uscì un po’ zoppicante. I nervi erano tesi dopo la partita d’andata”.
Cos’era successo?
“Il loro centravanti fece quattro gol, fu la serata peggiore della carriera del mio amico Facco, che pure era un saltatore, un  marcatore vero, aveva fisico. Maestrelli si lamentò di  varie irregolarità. Ma lo scandalo vero fu l’arbitro (lo svedese Loow, ndr) che prima del match girava per lo spogliatoio con un bicchierone di whiskey e in campo zigzagava”.
Fu una partita dura?
“Io feci un’entrataccia, al mio avversario (Johnson, ndr) misero nove punti di sutura all’inguine. Ricordo che al ritorno, prima dell’inizio, venne da me e mi disse friend, tu amico italiano. Aveva paura, a me veniva da sorridere. Oggi ne sarei imbarazzato…”
Volevate proprio ribaltarlo, quel risultato?
“Eravamo una squadra pazza. Ci stavamo per riuscire, poi un rigore inventato ci tagliò le gambe”.
I giornali titolarono: la notte della follìa…
“La rabbia vera venne dopo, perdemmo la possibilità di giocare la Coppa dei Campioni. E fu il più grande rammarico per tutti noi. Impossibile dire dove saremmo arrivati con la squadra dello scudetto. Ma niente mi toglie dalla testa che dietro quella sanzione ci fosse un gioco politico…”
Vale a dire?
“Guarda caso in Coppa dei Campioni al posto nostro ci andò la Juventus. Qualcuno crede che a parti invertite sarebbe andata nello stesso modo? Avrebbero squalificato loro per far giocare noi?”
Petrelli e la Lazio di oggi.
“Mi lascia perplesso. La società ha comprato una cartocciata di cinque o sei giocatori, sperando che magari uno sia buono. Ma una squadra come la Lazio deve essere pronta e competitiva  da subito, ogni anno. Non si può aspettare che i ragazzi crescano. Non so, magari non ci sono i soldi”.
O si spendono male? Visto che Lenzini  i milioni dei diritti tv se li sognava…
“Ma non so se sia un bene o un male che il botteghino non conti più. Chiaro che un tempo gli stadi fossero pieni e ci fosse molto più entusiasmo, più calore. Le dirò una cosa: domenica scorsa ho caricato figli e nipoti sul pullmino, io vivo a Pescara, loro ad Ascoli, e siamo venuti a Roma per Lazio-Genoa. Tutti lazialissimi, s’intende, anche se i miei, come sport praticato, al calcio hanno preferito la pallavolo. Ebbene, li ho lasciati allo stadio e io me ne sono andato con mia moglie a passeggiare in centro”.
Questo calcio non le piace più?
“No, è che soffro troppo. E allora ho deciso che le partite della Lazio le vedrò da solo, a casa, in silenzio assoluto”.
Lei resta nella storia, da giocatore, per il passaggio diretto dalla Roma alla Lazio. Non è più accaduto…
“E’ perché ho capito dov’era la verità”.

 FORCING - Registrazione N° 383 del 7 ottobre 2010 

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