ROCCHI: "DECISIVO IL MENTAL COACH"

Vorrei chiarire questo punto una volta per tutte, perché mi sono state date colpe che non avevo e mi sono state messe in bocca parole che sono state male interpretate. C’erano dei giocatori che non facevano parte dei piani della società, dopo il ritiro di Auronzo si pensava che le cose si fossero risolte – spiega il bomber veneto ai microfoni della trasmissione “Lazialità in Tv” - , Nel senso che da una parte o dall’altra si potesse fare un passo. Poi noi siamo partiti per Pechino, dove poteva andare una lista di calciatori minore rispetto al numero complessivo del nostro organico. La rosa era composta da 35 giocatori, ma c’erano 3-4 giocatori molto importanti con i quali non si riusciva a trovare una soluzione. Siamo partiti per Pechino in 24. Molte volte mi sono sentito dire che io non volevo quei calciatori o che la squadra non avrebbe avuto bisogno di altri innesti, ma io ho sempre considerato che nella rosa ci fossero anche loro. E’ chiaro che se vuoi utilizzare i vari Ledesma, Rozehnal, Pandev e De Silvestri la squadra non aveva bisogno di altri, perché io li consideravo ancora della Lazio. Con loro la rosa mi sembrava molto competitiva. Invece, il fatto che non sono stati utilizzati, la migliore soluzione sarebbe stata quella di risolvere tutto entro il 31 agosto, cedendoli e sostituendoli. Questo era il mio discorso frainteso. Ci sono mancati quei 3-4 giocatori che se non utilizzati vanno sostituiti con altri. Non mi era mai capitata una situazione del genere. Non si capiva quale sarebbe stato il loro destino, Pandev, a differenza di Ledesma, era più propenso ad andare via. Anche noi compagni abbiamo provato a fare qualcosa, a parlarne, a cercare di contribuire per risolvere. Penso sia giusto dare delle colpe alla società per ciò che è avvenuto, ma si era creata una situazione difficile. Nel momento in cui la società provava a fare uno sforzo, dall’altra parte non avveniva lo stesso. Alla fine è diventato anche un discorso più grande di noi. Abbiamo detto la nostra, ma fino ad un certo punto, rispettando i ruoli”.

Da Pechino a Norcia, un viaggio infinito, caratterizzato da delusioni e sonore batoste. Poi il cambio improvviso, la rinascita targata Edy Reja: “Ci siamo rialzati dopo aver toccato il fondo, più giù di cosi non si poteva andare. Il cambio dell’allenatore è stato molto importante, ci ha dato una scossa, anche i risultati hanno dimostrato che è stato fondamentale, nonostante nella prima parte della gestione Reja non sempre abbiamo fatto bene. Il mister è stato molto bravo a darci la sua esperienza, a stimolarci, a farci capire come vedeva lui l’allenamento. Il ritiro di Norcia, poi, è stato il passo più importante perché siamo andati noi e basta. Lì forse abbiamo capito che eravamo arrivati ad un punto in cui rischiavamo di sprofondare. Il cambio è stato nella nostra testa, nel capire che non dovevamo avere più i personalismi e gli egoismi di inizio stagione. Siamo tornati ad essere una squadra”. Ma, in particolare, c’è un nome e cognome che entrerà nella storia della stagione della Lazio: Daniele Popolizio, il mental coach che la società ha tentato di inserire nello staff: “Paradossalmente è stato fondamentale, è la verità – ammette Rocchi -. Quel momento lì ci ha dato un qualcosa in più. Io credo che in una società tutti devono avere il proprio ruolo, società, staff e giocatori devono essere cose bene definite. Il fatto che il motivatore sia arrivato come se la squadra fosse malata ci ha ancora più ferito. Abbiamo pensato ma siamo ridotti cosi male? Non sappiamo più giocare a calcio? Sapevamo che dentro avevamo di più di quanto dimostrato. Allora lì, abbiamo preso una posizione, la squadra voleva una scossa e questo poi ce lo siamo ritrovati in campo. Anche Reja era d’accordo. Le colpe erano di tutti, non c’era bisogno di questa cosa. Se avrei cambiato prima Ballardini? Si, sinceramente l’avrei fatto. Ora, a stagione conclusa, è giusto fare una promessa ai tifosi: un’annata del genere non si può più ripetere. Tutti hanno avuto le proprie colpe: la società e lo sa, i giocatori e lo sanno, non è giusto dare solo la colpa a Ballardini anche se ha fatto degli errori. Ma anche la squadra non ha fatto ciò che doveva fare. Sono dell’idea che nella prima parte di stagione le colpe sono state di tutti quanti. Ci sono state troppe situazioni che non ci hanno fatto vivere con serenità, non ci hanno fatto andare tutti dalla stessa parte”

L’assenza di risultati ed il malessere dell’ambiente, poi, ha reso ancora più ardua la risalita: “E’ normale che quando vivi certe situazioni ambientali fai fatica ad esprimerti, anche se poi c’è chi soffre di meno la pressione. Diciamo che penso conti molto anche l’andamento che tu hai. Quando è negativo è giusto che il tifoso sia amareggiato e di conseguenza diventa difficile giocare. Ma questo fa parte del gioco".

Si è parlato molto dalla sua convivenza con Zàrate. Con l’arrivo a gennaio di Floccari, nei pensieri di Ballardini Rocchi aveva irrimediabilmente perso terreno: “Io ho sempre detto che comunque come tipo di gioco posso fare sia la prima che la seconda punta, ha volte ho anche fatto l’esterno. Ci sono state delle situazioni in cui ho reso meno, preferisco giocare vicino la porta, ma riesco ad adattarmi al mio compagno. Floccari è un attaccante che sa fare tutto, Mauro è uno che viene più a prendere palla, si buttano tutti su di lui, mi lascia spazio. Ad un certo punto – confessa - , Ho pensato all’addio. C’ho pensato solo quando a gennaio mi è stato detto da Ballardini che potevo valutare altre squadre, che ero la quarta scelta. Lì ho fatto molta fatica, non so se la società fosse molto convinta di me. In quella situazione ho pensato anche che non mi volessero più, poi un po’ il fatto che sono tanti anni che gioco qui ed un po’ la convinzione che ancora potevo dare il mio contributo. Non sarebbe stato giusto lasciare a gennaio, non era per me. Poi sono contento di come è andata

Di certo il modo di giocare dell’argentino non sempre è stato funzionale al gruppo: “Ci siamo lamentati con lui. Penso sia normale, in un gruppo è importante che la squadra vada bene. Se un giocatore fa bene per se stesso e per la squadra è la cosa migliore. Quando c’erano delle situazioni che per caratteristiche non portavano beneficio è normale che ci si parla e si cerca di consigliare. E’ giovane, ha grandi potenzialità, è sempre difficile a quell’età mantenere sempre gli stessi livelli. Ha pagato la troppa responsabilità, ma tutto questo gli servirà per farlo diventare ancora più forte”.

Ora la voglia di voltare pagina è tanta:C’è poco da fare, le squadre che vincono sono quelle che hanno i bravi giocatori. Poi quello che avviene all’interno dipende anche dall’umanità del tecnico, dalla sua capacità di stimolare e creare il gruppo. La società che fa andare tutto per il verso giusto, che ha delle persone che ricoprono ognuno il proprio ruolo. Ripeto, ognuno al proprio ruolo. Per fare una squadra competitiva ci vogliono giocatori importanti e sono convinto che la società li prenderà, ma è anche necessario sistemare le cose societarie. Bisogna essere chiari, ci vogliono più persone che facciano ognuno le proprie mansioni”

Una delle tappe che ha fatto più discutere è il match contro l’Inter:Se ne è parlato molto e troppo fuori luogo. Se andiamo a vedere noi nelle ultime 10-11 partite abbiamo perso contro la Roma e l’Inter, ossia contro le due squadre che si sono giocate lo Scudetto. Se uno fa il giocatore e lo fa a Roma sa che c’è un ambiente molto caldo, una grande rivalità tra le due società ed è bello che sia così. Io mi ritengo fortunato a giocare qui, ho fatto la scelta di restare fino alla fine della mia carriera. Quando vai in campo ci sono delle circostante che non ti permettono di dare il 100 per cento. Poi ci ha influenzato anche il risultato dell’Atalanta, ci ha fatto rilassare, non ci ha fatto giocare ai nostri livelli”. Ma c’è anche il pollice verso di Totti da registrare: “Fa parte dello sfottò, ma fino ad un certo punto. Lo sfottò ci sta soprattutto durante la settimana, lì secondo me si è andato oltre perché c’era gia stato un precedente. E’ stato provocatorio”

Molti si chiedono cosa ne è stato del rapporto con Di Canio: “Non l’ho sentito più e mi dispiace. Qualche volta ci siamo visti e ci salutiamo tranquillamente, ma diciamo che per come è andata a finire con la Lazio ha chiuso i rapporti con tutti. Ma tra me e lui non c’è nulla”

Tra tante delusioni, una sorpresa positiva: “Andrè Dias mi ha impressionato. Le potenzialità le conoscevamo, ma si è integrato subito bene, appena ha avuto l’opportunità ha dimostrato il suo valore, e poi come spesso succede il fatto di avere fiducia gli ha permesso di prendersi lo spazio e dimostrare che è un calciatore importante. Sono molto contento del suo acquisto. Ma c’è anche Stendardo che è stato molto bravo, appena è stato chiamato in causa ha dimostrato di essere un grande professionista”. Poi c’è Hitzlsperger, rimasto un oggetto quasi misterioso: “Quando è arrivato ha fatto vedere qualità buone, ma ha pagato la situazione difficile di tutta la squadra, non c’era la possibilità di dargli fiducia. Ma è un buon giocatore, è stato importante anche all’interno, si è sempre allenato al massimo, non si è mai lamentato”

Tra i casi spinosi da risolvere c’è quello che riguarda Kolarov: “Se gli ho mai chiesto di restare? Ale è strano, ma nel suoi paese sono così (ride, ndr). Ci sono stati diversi episodi negativi con i tifosi, ma lui è uno sanguigno, istintivo, dopo si rendeva conto che poteva evitare. Ma penso sia importante capire la persona che si ha davanti. Del fatto di restare non lo so, ogni tanto gli faccio le battute, quando giocava meno bene gli dicevo per scherzo che già aveva la testa da un’altra parte. Io spero rimanga, ha grandi qualità, è giovane, è meglio se resta con noi, ma se dovesse fare altre scelte si può capire”. Poi c’è Ledesma: “Anche lui sta bene, ha ritrovato serenità e fiducia, poi quello che è accaduto prima lo sa solo lui. Farà la scelta migliore in base a ciò che ha dentro”. LAZIALITA' IN TV/LALAZIOSIAMONOI

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